Riposare senza senso di colpa: questo è il dilemma
di Valerie Moretti di | Aprile dolce dormire - MacGuffin n.39
Essere sempre occupati fa parte del nostro modo di vivere.
Più in generale, se qualcuno mi chiede come stanno andando le cose, la mia risposta standard è: "Bene, occupata, giornate davvero intense!”. Ma mentre questa affermazione sembra vera per la mia vita, quanto è anche una pretesa di status? Se diciamo di essere occupati, significa che siamo importanti, siamo richiesti. Come afferma il ricercatore sull'uso del tempo Jonathan Gershuny (), l'impegno è diventato "un distintivo d'onore".
A differenza del 19° secolo, quando le classi superiori erano felici di ostentare la loro pigrizia, nel 21° secolo è il lavoro e non il tempo libero a darci uno status sociale.
Al centro del nostro atteggiamento nei confronti del riposo c'è questa ambivalenza: desideriamo ardentemente il riposo, ma poi ci proviamo ansia di essere pigri. Sentiamo che non stiamo sfruttando al meglio le nostre vite e dovremmo davvero fare qualcosa.
Per la maggior parte di noi, "fare qualcosa" è definito in modo molto restrittivo. Significa essere occupati, e non solo qualche volta, ma tutto il tempo.